Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la leggenda di tristano | 225 |
lo colpo che l’Amorat inchinoe la testa e molto malvagiamente.
E quando l’Amorat ebe ricevuto lo grande colpo, lo quale
Lancialotto gli avea dato, fue molto doloroso a dismisura e
disse: «Per mia fé, Lansalotto, voi fate molto grande villania,
quando voi non ci lasciate menare a fine nostra battaglia, la
quale noi avemo incominciata intra noi due. Ma ora lasciate
combattere per vostra cortesia noi due, sí come noi avemo
incominciata nostra battaglia».
Ma quando Meliagus intese le parole del’Amorat e intese come questi iera monsignor Lansalot di Laca, fune molto dolente, e disse: «Per mia fé, cavaliere, voi fate la maggiore villania ch’unqua fosse fatta per uno cavaliere, quando voi m’avete tolta mia aventura. E imperciò vi priego che voi sí dobiate lasciarne nostra battaglia, e se voi volete combattere, andate a cercare vostra aventura in altra parte». E quando monsignor Lansalotto intese queste parole, disse: «Per mia fé, cavaliere, voi non potete provare al’Amorat questa aventura, e imperciò io la proverò a lui e per forza d’arme». Ed allora incontanente andò inverso l’Amorat e fedilo sopra lo scudo uno molto grande colpo, sí che ne portò uno grande pezzo a terra. E quando l’Amorat vide che Lancialotto volea pur combattere co lui per questa aventura, incontanente disse: «Per mia fé, Lancialotto, questi colpi che voi m’avete dati siranno ricontati davanti alo re Artú, sí come voi m’avete ferito molto malvagiamente per due fiate. Laond’io sí conteroe tutta questa aventura alo re Artú, sí com’è istata. E imperciò io vi dico ch’io non voglio piú combattere con voi».
Ma quando messer Estore intese le parole che l’Amorat avea dette, incontanente andò a monsignor Lansalotto, e quando fue a lui, ed egli sí gli disse molto pianamente: «Per mia fé, cuscino, voi non fate cortesia, quando voi combattete col’Amorat per questa aventura. Ond’io voglio che voi sí lasciate questa battaglia e non combattete piú co lui; imperciò che voi sapete lo convenentre, lo quale è istato intra voi e madama la reina Ginevra. Onde per lo certo il sappiate, se lo re Artú sapesse queste cose, per neuna cagione voi sí ne potreste iscusare,