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la leggenda di tristano 205


voi siete lo migliore cavaliere che sia al mondo, né con cu’ io unqua mi combattesse. E imperciò vi priego, che voi si mi dobiate dire vostro nome, e io vi dirò il mio imprimieramente; imperciò che voi potreste essere tale cavaliere che noi lasceremo questa battaglia, e tale cavaliere potreste essere che noi sí meneremo a fine nostra battaglia». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Cavaliere, ora dite lo vostro nome, e appresso sí vi dirò lo mio». E quando Io cavaliere intese queste parole, disse: «Cavaliere, ora sappie ched i’ hoe nome l’Amoratto di Gales e lo re Pellinoro fue mio padre».


CLVII. — In questa parte dice lo conto, che quando T. intese queste parole, fue molto allegro imperciò ch’egli avea molto grande volontade di vederlo, per amore del corno aventuroso, lo quale egli avea mandato a corte, laonde la bella Isotta e molte altre dame e damiscelle ebero molto grande vergogna e onta. E istando per uno poco, e T. disse a l’Amoratto: «Amoratto, per mia fé, ora se’ tu morto né da me non può’ tu campare in nessuna maniera; imperciò ch’io voglio che tu sappie ched io sí sono T. di Cornovaglia, per le cui mani tu dei morire, se Dio mi salva la mia mano dritta. Imperciò che tu mandasti lo corno aventuroso a corte per mio dispetto, ed io sí ti lasciai ali paviglioni del re per cortesia, ch’io non volli allora combattere teco, imperciò che a me parea che tu avessi fatto troppo d’arme. Onde ora sarae quello giorno che tu combatterai con meco e che noi meneremo a fine nostra battaglia, e ora si parrá chi sará pro cavaliere d’arme. E sí ti dico, ched io ora non ti lasceroe piú per cortesia in nessuna maniera; e imperciò io sí t’appello ala battaglia». Ma quando l’Amoratto intese queste parole, fue molto doloroso e disse: «Per mia fé, T., io vi dico ch’io non voglio piú combattere con voi, ma io sí vi lascio questa battaglia; perché intra noi due non ha ora neuna querella, perché nostra battaglia debba essere menata a fine. E imperciò io vi dico che non combatteroe piú con voi a questa fiata». E