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la leggenda di tristano | 175 |
Isotta. E se io questo posso fare, io sono lo piú aventuroso
cavaliere che sia al mondo. E certo questo non m’è aviso
che sia grande cosa a fare; perché sed io lascio Isotta ed io
sí n’abo un’altra la quale sí ha nome Isotta, e se l’una è
bella e l’altra è bella altressie, e se l’una è figliuola di re e
l’altra è figliuola di re altressie. E imperciò io sí dovrei bene
obriare la bella Isotta di Cornovaglia per Isotta dele bianzi
mani, la quale è tanto bella damiscella». Molto si conforta
T. di questa aventura. Ma tutto quanto egli ha pensato no
gli vale neente, imperciò ch’egli non puot’essere quello ch’egli
ha pensato in nessuna maniera, ma tutto in altra maniera addiverrae che T. non hae divisato di questa aventura.
CXXXIII. — In questa parte dice lo conto, che quando lo re fue levato da tavola, sí come detto è, e Ghedin sí menoe lo re in camera, e quando fuorono ambodue insieme e Ghedin sí disse: «Ree, per mia fé, io vi so dire le migliori novelle che voi aveste giamai, che T. sí ama Isotta mia suora di molto grande amore». Ed appresso sí gli divisoe tutta l’aventura; sí come detta èe. E dissegli: «Io sí glil’abo promessa di daglile a tutto suo volere, quando piaccia a voi. Ond’io sí vi priego tanto quant’io unque posso che voi sí glile dobiate dare a tutta sua volontade, dappoi che a lui piace». E quando lo re intese queste parole, fue molto allegro a dismisura. E disse: «Per mia fé, Ghedin, questo farò io molto volontieri, imperciò ch’io non so neuno re al mondo che a T. non donasse ben volontieri sua figlia per moglie. E imperciò vae tosto ed appella T. e digli che vegna a mee, ed io sí lo metteroe segnore d’Isotta mia figliuola, perch’egli ne sia sicuro d’averla al suo volere. Ed appresso sí faremo la corte molto grande, sí come si conviene».
E quando Ghedin intese queste parole, fue molto allegro, e incontanente sí si partio dalo re e andoe per trovare T., e quando fue nela sala ed egli sí incominciò a domandare di T. E uno cavaliere sí disse: «Ghedin, T. si andoe nela sua camera». E quando Ghedin intese queste parole, fue molto