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164 | la leggenda di tristano |
gente intesero lo suo comandamento, incontanente sí cavalcarono dentro dala cittade con tutta l’altra gente. E quand’eglino videro T. lo quale avea messi in isconfittura tutti li
cavalieri, sí ne fuorono molto allegri e incominciarono a combattere per la cittade molto duramente. Ma stando in questa
maniera, e lo re sí comandoe che tutti li pedoni si dovessero
andare dentro ala cittade, ed eglino incontanente sí andarono
tutti quanti dentro nela cittade. Ma quand’eglino fuerono tutti
quanti dentro, ed eglino sí incominciarono a combattere dentro
dala cittade molto duramente e incominciarono a uccidere molta
gente e a fare molto grande dammaggio.
Ma istando in cotale maniera, e T. sí vide sí come la cittade iera tutta quanta presa da ogne parte. Ed allora veggendo ciò, incontanente sí mandò per lo re che dovesse andare ala cittá, sappiendo egli ch’ell’iera tutta presa. E a tanto sí si mossero li cavalieri e sí andarono alo re e accòntagli tutte le parole, le quali T. avea dette. E quando lo re intese queste parole, fue tanto allegro che neuno altro piú di lui. E incontanente cavalcò ala cittade con tutta la cavalleria la quale iera co lui. E quando fue ala cittade, e T. si andò a lo re e dissegli: «Re, ora prendete l’omaggio e la fedaltade da tutta questa gente, la quale dee essere vostra per ragione. E io sí vi priego che voi sí dobiate loro perdonare quello che fatto hanno incontra di voi». E quando lo re dela Pititta Brettagna intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Cavaliere, questo farò io volontieri». E a tanto sí andarono tutti li cavalieri d’Agippi alo re e tutti gl’incominciarono a chiedere mercede, ch’egli dovesse loro perdonare dela grande affensione, la quale eglino gli aveano fatta incontra di lui per la loro follia. E quando lo re intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Per mia fé, io non voglio giá guardare alla vostra follia, ma io sí vi voglio perdonare tutto quello che voi fatto m’avete, per amore delo cavaliere lo quale ha messo in isconfittura lo conte d’Agippi ed ha presa questa cittade per sua prodezza». E quando i cavalieri d’Egippi intesero queste parole, fuorono molto allegri e incominciarono molto a ringraziare lo re e T. di questo dono.