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150 | la leggenda di tristano |
perch’egli sí avea grande volontade di pervenire ala cittade
per ponervi assedio. Ma tanto cavalcano per loro giornate che
pervennero ala cittade delo conte d’Egippi. E quando fuorono
ala cittade, e lo re sí trovoe lo conte d’Egippi a campo con
tutta sua gente.
CXI. — Ma se alcuno mi domanderá come avea nome la cittade, io dirò che si chiamava Igippi, ed iera una grande cittade a disimisura e molto forte, ed aviala fatta lo re dela Pittitta Brettagna per forza d’arme. Ma dappoi che lo re vide lo conte a campo, ebe grande paura e pensò e disse infra se istesso: «Certo ora son io venuto a campo incontra alo conte d’Egippi, lo quale ha vie piú gente di me ed è lo piú forte conte che sia al mondo. Ond’io veggio ched egli mi vincerá per forza d’arme, ned io co lui non potrò durare in neuna maniera di mondo». Molto n’hae grande dolore lo re dela Pititta Brettagna di questa aventura.
CXII. — A tanto dice lo conto, che quando lo conte d’Igippi vide lo re dela Pititta Brettagna a campo, sí come detto è, fue molto allegro oltra misura. E incontanente sí mandoe per tutti li conistaboli dela sua oste, che tutti dovessero andare alo suo padiglione. E quando lo comandamento fue andato, sí come detto è, tutti li suoi baroni e cavalieri e tutti gli altri suoi cunnistaboli sí andarono alo paviglione delo conte d’Egippi. E quando fuorono alo suo padiglione, e lo conte sí disse loro: «Segnori, io sí vi comando che voi sí vi dobiate tornare ali vostri paviglioni e dobiate tutti prendere l’arme e montare a cavallo. Ma intanto io farò andare lo mio comandamento per lo campo, imperciò ch’io voglio combattere colo re dela Pititta Brettagna». E quando li suoi baroni e li cavalieri intesero lo comandamento del loro segnore, sí dissero: «Questo faremo noi volontieri». E a tanto sí si partirono tutti li suoi baroni e cavalieri e tornaronsi ali loro alberghi e ali paviglioni. Ma istando in cotale maniera, e lo conte d’Egippi sí fece comandare a tutti li suoi baroni ed a’ cavalieri