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la leggenda di tristano | 147 |
palagio, e lo re sí ismontoe da cavallo e T. altressie, con
tutti gli altri cavalieri, e andarono suso nela sala del palagio.
E quando furono nela sala, e lo re sí prese T. per la mano
e menollo nela camera, la quale iera molto rica, e quando
fuorono nela camera, e lo re sí mandoe per una damigella,
la quale sí era sua figliuola. E quando la damigella fue venuta, e lo re sí le disse: «Dolce mia figliuola, qui sí è venuto
uno cavaliere errante, sí come tu vedi, il quale sí è di lontano paese, lo quale è innaverato e molto duramente e non
ha trovato consiglio in neuna parte di mondo del suo male.
E imperciò voglio che tu sí prendi questo cavaliere in guardia,
e debie procacciare tanto e fare sí che tu mi rendi questo
cavaliere guerito di questo male, al piú tosto che tu puoi.
Ché per ventura egli potrebe essere tal cavaliere che ne potrebe diliverare del nostro dolore».
Ma in questa parte dice lo conto, che quando la damigella intese queste parole fue molto allegra. E incontanente incominciò a riguardarlo molto bene, e vide che T. sí era lo piú bello cavaliere ch’unqua mai fosse veduto nela Pittetta Brettagna. E disse alo re: «Messer, io faroe tutto vostro comandamento». E a tanto sí rimase T. cola damigella nela camera, con altre damigelle, e lo re tornoe nela sala con altri cavalieri. E la damigella incomincia a risguardare la fedita a T. E dappoi che l’ebe risguardata, ed ella sí gli disse: «Cavaliere, non ti isconfortare, che di questa fedita guarrete voi molto tosto. Imperciò che la fedita onde voi foste fedito sí fue attossicata, e impercioe vi dico che voi sí guerrete piú tosto di questa che voi non fareste d’un’altra fedita, dappoi che voi siete campato infin a quie». Ed allora la damigella sí andò incontanente in una sua camera e sí apportoe sugo di sue erbe, e incominciò ad acconciare la fedita a T. E dappoi che lel’ebe acconcia, ed ella sí disse: «Cavaliere, or vi posate di qui a istasera, ched io di qui allora verrò a voi». E a tanto sí si partío la damigella dela camera e tornossi ala sua camera con altre damigelle. Ma molto si dolea del’amore di T., pensando ella nelle sue bellezze. E dicea infra se istessa: