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114 | la leggenda di tristano |
appresso di lui e prendano l’arme. Allora dice lo re: «Venite
con meco». E lo re sí prende una spada e mettesi innanzi.
E Braguina, quando sentio venire lo re, disse a T.: «Levatevi incontanente, ché [ecco] lo re Marco con grande gente».
Allora non puote T. ricoverare a prendere altro ch’uno
mantello e avolselsi in braccio. E lo re Marco fue ala porta
e vide T. e disse a T.: «Oramai non può’ tu dire che tue
non sii lo piú disleale e lo piú falso uomo del mondo». Ed
amenagli un colpo dela spada e T. lo ricevette in sul braccio,
ov’egli avea avolto il mantello. E T. diede alo re Marco uno
colpo dela spada piattone in sula testa, sí che cadde in terra
ispasimato e molto sangue gli uscio dela testa. E T. uscío
fuori nela sala e li baroni sí veniano fuggendo l’uno in qua
e l’altro in lae. E T. vassine ala finestra e discende giuso
dell’albore e vassine via ala sua casa. E disse ali suoi compagni — ciò iera Sagrimon e Oddinello lo salvaggio e Sigris
e un altro cavaliere e Governale — disse lo fatto sí come a
lui iera incontrato. E li IIII cavalieri si erano quivi per
vedere T. e chi v’iera per guerire di sue piaghe e chi v’iera
sí come aventura gli porta. Ed allora í presero consiglio di
partirsi, e incontanente sí prendono loro arme e vannosine
allora via tutti e quatro insieme, sí come leali e buoni cavalieri, ch’egli amavano molto messer T. per la sua prodezza.
LXXIX. — Or ritorna lo conto alo re Marco. Quand’egli fue ritornato in sé delo colpo dela spada ch’egli ebe, or dimanda li suoi baroni: «Ove avete voi T.?» E li baroni rispuosero e dissero: «Per mia fé, egli sí n’andoe, ché non ebe nessuno ch’avesse ardimento di parasigli innanzi». Allora disse lo re Marco: «Morti siamo oramai, ché oggimai non sarae nessuno uomo tanto ardito ch’esca fuori di Tintoil». [Ora dice lo conto che T. e li compagnoni sí ne vanno alo diserto fuori di Tintoil] appressoci a quattro miglia, e li compagnoni di T. istanno piatti alo diserto appresso di Tintoil e T. istae armato in sula strada. E a tanto sí vennero due cavalieri di Cornovaglia a Tintoil, armati a guisa di