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112 | la leggenda di tristano |
molto allegro e tutti gli altri baroni sí ne fanno grande festa.
Ma T. che sae lo convenentre da lui a madonna Isotta sí n’è
molto dolente di questa aventura. E a tanto sí si ne va uno
valletto ale dame e sí dice loro: «Novelle vi so dire, che ci
è venuta una damigella e uno cavaliere e hanno apportato al
re, delo reame di Longres, uno corno molto bello. Ed è incantato in tale maniera che qualunqua dama hae fatto fallo
a suo segnore non puote bere col corno, anzi sí le sparge lo
vino tutto per lo petto giuso; e quella ch’è istata leale e pura
al suo marito diligentemente e bene sí bee colo corno».
LXXVII. — A tanto lo re Marco si manda per le donne che vegnano davanti da lui, ed ieranvi molte donne, imperciò che v’iera fatto uno grande convito in quello die. E quando le donne fuerono tutte davanti alo re ed egli sí fece impiere lo corno di buono vino e fecielo porgere ala reina e disse: «Bevete, mia dama». E madonna Isotta disse: «Per mia fé, non beroe, chè se lo corno è incantato ed è fatto per malvagitá o per me o per altrui, io non voglio ch’egli noccia a me». A tanto lo re Marco disse: «Dama, non vi vale giá vostra disdetta. Or si parae vostra lealtá». E la reina sí prende lo corno per bere e non si lo potea acostare ala boca e ’l vino si versoe tutto per lo petto giuso e non ne potte bere. Ora fa dare bere lo re all’altre donne ch’ierano a lato a madonna Isotta. Ed ierano CCCLXV donne: non vi si ne trovò se non due che colo corno potessero bere. A tanto disse lo re Marco: «Io voglio che tutte queste donne siano messe al fuoco, imperciò ch’elle l’hanno bene servito d’esser arse, e voglio che vengianza ne sia». A tanto si leva uno barone di Cornovaglia, ch’iera a lato [al re] Marco e disse: «Messer lo re, se voi volete credere al’aventure delo reame di Longres e alo corno incantato e voi perciò volete distruggere le nostre donne, dicovi che a me sí pare che troppo sarebe malfatta cosa. Ma se voi avete a nemica la vostra donna, fatene quello che volete, che noi non volemo perciò distruggere le nostre donne; ché noi tegnamo le nostre donne per buone e per belle». E