|
la leggenda di tristano |
105 |
queste parole che la damigella dice sí si cruccia molto fortemente e dice: «Va via, folle damigella, e queste parole giamai
non dire piú». Ed allora di queste parole che T. disse fu la
damigella fortemente crucciata, e dice in fra suo cuore ch’ella
farae a T. non bene, s’ella altro gli potrae fare. A tanto sí
si innamora la damigella di Ghedin e Ghedin [sí] si chiama
damigello di suo amore. A tanto questa damigella sí s’avide
sí come T. s’amava di folle amore cola reina Isotta. A tanto
lo disse a Ghedin e Ghedin sí era nepote delo re Marco e
cugino di T. E Ghedin, che fece per astio di T., perch’egli
era cosí buono cavaliere e perch’iera segnore di Cornovaglia,
ed egli sí andoe ad acusallo alo re Marco e disse: «Messer
lo re, T. sí v’aunisce di vostra dama». E lo re Marco rispuose
e disse: «Questo non puote essere». E Ghedin disse: «Messer, per lo fermo egli è cosí la veritá ed io la farò a voi credere, sí che voi ne sarete certo». A tanto Ghedin sí prese
due falce fienaie e misele intorno al letto di madonna Isotta,
la sera quando madonna Isotta si fue coricata. Ed appresso
sí venne T. per una finestra e sí colse uno salto e saltò in
sul letto di madonna Isotta e istette con lei la maggiore parte
dela notte. E quand’egli si venne a partire, T. che non prese
guardia dele falce sí incappoe la gamba all’una dele falce.
Allora disse T.: «Oi Dio, or siamo noi morti ché nostre privanze si sapranno ogimai». E la reina disse a T.: «Vattine
via a tua camera e queste cose lasciale a me, ch’io ci prenderò bene consiglio». Allora sí parte T. e torna a sua camera. E madonna Isotta sí si leva del suo letto e venne ale
falce e fe[ri]ttevi entro dell’una dele gambe; ed incontanente
si mise mano a gridare e a fare grande romore, sí che tutte
le damigelle sí veniano ala camera dela reina. E lo re intende
questo romore e vassine ala camera dela reina, e raunovisi
assai altri baroni e cavalieri. E dicendo lo re Marco: «Ch’è
issuto questo romore che madonna Isotta hae fatto?» ed ella
sí rispuose e disse che di queste cose non sapea nulla e non
sí ne prendea guardia, ma coloro che vegnono [’n] dela camera que’ debono sapere queste cose come sono. Allora disse