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portavano le gambe imprigionate da calzoni a maglia?

Egli sin da allora prediceva il tempo della libertà per le gambe entro calzoni razionali, e ne dava l’esempio.

Ma quei calzoni venivano considerati dai superiori come un esempio non di razionalità ma di strafottenza.

A quel tempo non esisteva nell’esercito la propaganda anti-militarista e perciò gli indumenti ipertrofici del signor conte avevano l’onore di essere considerati con più importanza che non meritassero.

Eccettuato l’affare dei calzoni, il signor conte serba il più gradito ricordo della milizia.

Divenuto cittadino libero, egli è rimasto fedele ai suoi calzoni, ed io non posso pensare a lui senza avere davanti agli occhi un barbaglio refrigerante di tele candide e finissime, dal soave profumo, sostenute da calze ciclistiche di seta nera e scarpette lucidissime.

Da quella candidezza di vestimenta viene fuori un faccione bonario, arsiccio, che non sarebbe stato brutto se la natura l’avesse ritoccato e raddrizzato; invece se ne dimenticò e lo piantò lì, appena abbozzato. Una densa capigliatura, quasi bianca, contrastando con due corti, puntuti, ispidi baffi rimasti quasi neri, appiccicati nello spazio, grande, che di-