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Questo insulso fatterello ha però alcun grave senso: ha scosso profondamente un’opinione di cui avevo fatto sfoggio sino allora: in politica avevo creduto — con piena convinzione — che il voto del popolo semi-analfabeta, uguagliato al voto dell’uomo addottrinato, fosse un’ingiustizia enorme delle democrazie odierne. Mi ricredo.

Ma il bello è che Platone, questo mirabile ampliatore di anime, trattò di questo umanamente nel suo «Protagora»; e la volpe nella favola di Esopo assicura che il sapere di lettere non è sinonimo di saviezza.