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densò e la nube si sciolse e scaricò in miserabile pioggia.

All’Abetone trovai il mondo in piena civiltà internazionale: grandi Hôtels, luce elettrica, automobili, chauffeurs, le solite signore vestite secondo il culto feticista imposto dalla moda; camerieri in grande sparato e abito nero, bambinaie che parlavan tedesco; signori dal vestito impeccabile: in una parola, il solito culto del «Vitello d’Oro». Questa specie di culto si riproduce continuamente; ed io penso che Mosè, se tornasse al mondo, si risparmierebbe la fatica di abbatterlo. Qui per forza si diventa filosofi positivisti e demolitori. Orribile questo culto del «Vitello d’Oro»! «Anche perchè non avete mai provato, e non sarete mai in condizioni di provare», mi si può rispondere, «È verissimo anche questo!» Ad ogni modo io, che avevo fatto i miei conti senza i grandi Hôtels e mi ero promesso un riposo di qualche giorno fra quella meravigliosa foresta, mi vi sentii a disagio: ne partii lasciando un po’ di cuore a quei giganteschi abeti, e mi ritrovai alla sera del giorno stesso precipitato in fondo alla Lima.

Sono venti e più chilometri di discesa continua e supppongo che qualcuno pregasse per me, giacchè alla Lima giunsi in perfetta conservazione delle membra, e la bicicletta, pure.