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data, capì benissimo: — Ah, strigliare! — disse, e afferrò una bella manata di strame.
— Amico mio, tu spingi all’eccesso la simiglianza fra me e la tua bestia; adopera la coperta che hai sul carro.
Egli fu ben volonteroso, e poco dopo gli uscii di mano, rosso come un mattone.
Allora sentii anche un prepotente bisogno di riempire lo stomaco: e Paullo era troppo lontano!
— Ma c’è la Serra che è vicina, — disse il carrettiere. — In quanto? In un quarto d’ora lei ci arriva.
— Allora ci troveremo a bere una bottiglia.
— Vada avanti che la raggiungo subito.
Ed infatti dopo poco, ecco in cima alla salita una fila di casette di montagna che segnavano nella vivida luce della strada il profilo frastagliato delle loro ombre. Una meridiana segnava le ore dieci. Dentro una porta, sopra tre gradini, vidi l’ombra di una stanza con alcuni tavoli apparecchiati, e dalla porta usciva un odore di arrosto. Fu dunque specialmente il naso che mi avvertì che io era giunto ad un’osteria, perchè gli occhi erano ancora abbarbagliati dal sole e non distinguevano bene nè insegna nè frasca.
Quando quel barbaglio scomparve, mi ac-
Panzini. La lanterna di Diogene. | 4 |