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una casetta non mi si fosse presentata alla svolta.
Essa era chiusa e silenziosa. Bussai tuttavia. Venne ad aprire una donna dal volto non interamente arcigno.
— Per piacere, un po’ di latte, — domandai.
— L’abbiamo portato tutto al casàro.
— Il casàro sta lontano?
— Quelle case là in vetta.
Chinai il capo.
— Mi lascia entrare, — indicai l’interno della socchiusa dimora, — per mettermi una maglia?
— Eh! — e liberò pianamente della sua persona l’ingresso perchè io entrassi; e questo «eh» voleva dire: «eh, vorrei dire di no, ma come si può negare un favore di umanità?» Siccome poi io non volevo mettermi davanti a lei nel costume con cui Ulisse si presentò alla bella Nausica, così domandai una stanza. Fatto un primo favore bisognava farne un secondo (molte volte è necessario farne un terzo, ed è perciò, forse, che molti si rifiutano di fare il primo favore).
L’ispida maglia che sostituì su la pelle la tela, sarebbe stata una camicia di Nesso sotto la Galleria di Milano: lì fu un incredibile beneficio, e mi offrì un’occasione di lodare la mia prudenza.
Dunque ricompensiamo la gentilezza dell’o-