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cioè sono chilometri trenta. Un giovane di venti anni, che non tenga conto che il cuore è un muscolo robustissimo, ma non rinnovabile quando è guasto, la può percorrere tutta in sella questa salita. Per conto mio decisi di farla tutta a piedi. «Quando e dove arrivo, arrivo bene», questo è il mio motto, viaggiando, io col mio io, e non con altri. Se non che un po’ per volta cominciai ad osservare che gli occhi dei contadini mi guardavano con meraviglia. Feci qualche domanda, osservai meglio e mi persuasi che quella buona gente non soltanto era meravigliata, ma piena di compassione a mio riguardo.

Perchè?

Perchè — cosa strana — gli abitanti di un paese bello come l’Italia, difficilmente si persuadono che uno viaggi a piedi unicamente per il piacere di viaggiare: pigliare poi la montagna a piedi, fa nascere una di queste due considerazioni: o che si tratti di uno stravagante, oppure di un disperato che non possiede altri mezzi di locomozione fuor di quelli usati da San Francesco. Vorrei dire che in questa deplorevole opinione concordano soltanto i contadini, ma direi cosa inesatta.

Inoltre v’è un’altra considerazione melanconica da fare: l’onesta bicicletta passa oramai inavvertita fra le genti. Gli occhi dei conta-