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rio è Guido Dal Duca. Eppure lo aspetta il Paradiso! Ma più che il Paradiso non lo consoli, gli stringe il cuore il ricordo della sua dolce terra latina. Ma oltre alle ombre di Dante, ci furono ancora degli uomini vivi e veri che piansero vedendo che questa nostra patria non fu mai «senza guerra», vedendo che i «tiranni felli» sono ancora «tanto amati che non si porria contare», e che le brutte Arpie vanno pur sempre a far loro sporchizie sui più nobili conviti. Passarono i grandi vivi, come le ombre, ma il volo delle loro anime si libra tuttavia su questa dolce terra latina; l’aria ne è mossa, e fa vibrare l’anima nostra: e allora si piange per il desiderio di un futuro che non verrà mai, nel modo stesso che Guido Dal Duca pianse per un passato che non tornerà più!
Questo bizzarro fenomeno di sentirmi sorgere le lagrime per così poco mi accadde in modo più memorabile la prima volta che fui a Superga.
Ma conviene pur dire che io capitavo a Superga, arrivando direttamente dalla Svizzera.
Quivi avevo percorso molte terre sull’alto di quelle ammirevoli berline, davanti alle quali vorrei condannare in contemplazione i postiglioni e gli impresari dei compassionevoli tra-