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nervoso, e il freno del silenzio mi venne a mancare.

Quel recidere ali, quel pareggiare, quello sterilizzare mi parvero come un atto simbolico di ciò che avviene nella vita. «Ma non t’accorgi, Pasqualino, che non cresce più un fiore con tutta questa sterilizzazione?»

Oh, non avessi mai espresso questo pensiero!

I baffetti di lui cominciarono a vibrare, e le sue parole divennero insolenti. Quante me ne disse! — Lei non capisce niente del movimento moderno. Lei era degno di vivere ai tempi di Omero.

Oh, egli non avrebbe finito così presto, se non fosse venuta la sua signora ad interrompere: — Ma Pasqualino, — disse, — i tagliolini sono in tavola!

Si placò: stette un po’ incerto se proseguire a darmi il resto del carlino, ovvero rispondere all’invito dei tagliolini. Preferì questo secondo partito, e: — Quello lì, vedi, — disse alla moglie additandomi, — è un uomo dei tempi omerici!

Pasqualino e gli altri se ne erano dunque andati; ma le sue parole mi avevano gonfiato il cuore, ed io feci come la loquace moglie che seguita a parlare anche dopo che il prudente marito ha infilato l’uscio di casa.

Il mare azzurro rotolava le sue onde canute,