Pagina:La lanterna di Diogene.djvu/250


— 242 —

bella di questa ove voi, bambini, correte folleggiando, in cerca delle pine? Quando verrà il tempo che i savi collocheranno in queste aule i loro tribunali, come già re Luigi, il santo, elevava i padiglioni gigliati del suo trono sotto le querce?

Voi tornate, o bambini, carichi di preda e non pensate a dire «grazie!» ai nobili pini. Il più piccino fra voi come è goffo sotto il peso della sua proprietà di pine! Due volte è caduto sotto il peso della sua proprietà; e i pini con lento murmure sorridevano.

E la sera, al ritorno, oh, le allegre fiammate delle pine sulla brace! Le pine incominciano a gemere, a piangere, quindi esalano il loro incenso, di cui la terra le ha nutrite; gli alveoli crepitano, si spaccano, si aprono, ed ecco le nocciole dei pinòli! Or conviene dare opera al martello: le mani si insudiciano. Ma non esiste bambino che abbia paura di insudiciarsi le mani. Questi pinòli sono confidati alla nonna: stringono poi alleanza con un po’ di zucchero e di chiara d’ovo, ed ecco le pinocchiate, dolci, bianche e tenerine, a cui sospendete occhi ed anima.

Voi, cari bimbi, non pensate più in là, quando cogliete le pine.

E in fondo, anch’io, a che cosa pensavo giorni addietro, lungo quest’argine?