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sotto l’amplesso di un poderoso, altissimo uomo semi-canuto, in maniche di camicia.

Non vi feci caso e salii alla mia camera: ma poco dopo bussò l'Armuzzi, ridendo

— Quello è il signor Felletti in persona: domani siamo tutti e tre invitati a colazione da lui, qui all’albergo.

— E lei ha accettato.

— Per forza!


*


Lo sbatacchiamento degli zoccoli giù nella via ci destò al primo mattino: pareva d’essere in una calle di Venezia. Aperta una delle cinque enormi finestre, ebbi il saluto di uno stravagante campanile, mozzo e quadro, sorgente davanti a me su di una seicentistica enorme base marmorea, fatta ad anfora rovesciata.

Il campanile spiccava nella delicata purità del cielo, e l’aria sgombra da nebule — aveva piovigginato la notte — rivelava i lontani confini della laguna azzurrina, al di sopra dei tetti. Una gran debolezza e pace era nelle cose.

Al caffè della vigilia trovai già i miei compagni con l’imperioso signore dal brillante.

Egli era in grande sparato ed abito nero: credetti che tanto onore fosse per noi, e guar-