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La campagna, lasciata libera a sè, ha una fisonomia ed un linguaggio che le terre domate dalla coltivazione non hanno di certo.
Ed è singolare la forza che la natura conserva di riprendere — quando può — il suo dominio e lo stato primiero: di riacquistare — ove cessi il peso della civiltà — le energie e le impronte che l’uomo per suo vantaggio le tolse.
Chi passando per quelle arene avrebbe pensato di battere una delle più antiche e storiche vie dell’Italia? Perchè così è veramente: su quel lido selvaggio fu già in antico gettato uno dei primi cavi della civiltà: cioè una strada: e su quelle sabbie che la docile ruota della bicicletta non riusciva più a varcare, passarono le ultime legioni di Roma, lampeggiò l’oro delle ultime aquile imperiali, scese il torrente barbarico. Che via? qual nome di via?
Bello e gran nome: e perchè Galla Placidia la ebbe restaurata, le fu dato il nome di «Via Regina», e al tempo breve che Ravenna fu capitale dell’Impero, e durante il regno dei Goti, e per tutto il tempo dell’Esarcato bizantino e del primo Evo Medio fu frequentatissima, come lo provano i tre monasteri che lungo essa ricorrono: di Pomposa, Brondolo, e Fogolana.