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traversata del bosco, mentre le acque verdi del Po si tingevano dei rossi bagliori del vespero, mentre l’anofèle clavigero si preparava ai terribili assalti vespertini, dalle stanze superiori di quel casamento si sprigionò una voce di donna. Quella voce, sorta da prima senza che noi l’avvertissimo, dilagò ed animò tutta quella gran solitudine.

Era quella una voce di donna, ma non nenia dolorosa quale il vespero e le basse tristi terre avrebbero domandato: ma voce squillante e in pari tempo dolcissima, volubile d’uno in altro canto, con una passione che parca dare a sè beatitudine. Il silenzio della campagna pareva divenuto maggiore.

Dicevano i miei due compagni:

— Brava! fuori la cantatrice! — e pigliando ardimento: — Bella devi essere come bella è la voce — e avendo dalla ostessa preso notizia, cioè essere la cantatrice la maestra comunale: — Brava la maestrina! — seguitavano. — La figlia di....? Allora bella, bella e giovane. Fuori la maestrina, la vogliamo vedere! oramai l’incognito è svelato. Ti conosciamo, maestrina!

Vane parole: nè si affacciò alla finestra, nè cessò per femminile riguardo il bellissimo canto; pareva appena sostare alquanto, indi ripigliava con quell’ebbrezza crescente con cui