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Ma oramai la campagna era deserta: eravamo alle Mandriole.
Mandriole — nome cinto di gloria — non è borgo, ma frazione di poche case disperse nella landa.
Distante non più di un chilometro dall’argine del Po, sorge una grande fattoria: ultima nella landa.
— Quella, — mi disse il signor Armuzzi, — è la fattoria dove morì Annita Garibaldi; ah, ecco! ecco il monumento della povera Annita.
Benchè l’ora fosse tarda, scendemmo di sella e, posate a terra le biciclette, percorremmo il sentieruolo che conduce al monumento di Annita.
Per la via che tu, o uomo, percorri, se incontri segno di pietà o di valore; sia imagine, sia lampada, sia croce, sia tomba, scopriti e prega!
Freme dalla storia e dalla memoria delle gloriose opere un brivido come di vento che passa continuo, e i vivi ne sentono il gelo e la fiamma dentro dal cuore.
Oh, guai se i morti non dessero forza ai vivi!
Nella landa sorge una colonna mozza; alcuni fiori gentili sono coltivati d’attorno: difende il tutto una cancellata: le parole incise sono sobrie, per rispetto dei vivi e dei morti.