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ria circostanziata dei conti decaduti di Piacenza. Giunti a Fiorenzuola, ne aveva passati in rassegna cinque, ma pareva che avesse materia per più lungo viaggio. Fortunatamente a Fiorenzuola egli sentì il bisogno di fare un primo spuntino; con la qual cosa non soltanto soddisfaceva ad una richiesta dello stomaco, ma — siccome era in anticipo — desiderava di perdere quel tanto di tempo che era necessario per arrivare a Salso all’ora precisa del pranzo. Doveva essere un uomo prudente costui, giacchè l’arrivare in anticipo non fu mai consigliabile ai mariti che sono buoni tutori della felicità coniugale.

Il ciclista invece che mi si accompagnò fino a San Donnino, apparteneva all’ordine dei treni direttissimi: era un giovanetto, commesso di negozio, il quale era partito il mattino stesso alla punta del giorno da Milano, e andava anche lui a Salsomaggiore.

— Non faccia complimenti, vada pure avanti, perchè il mio passo, come vede, non è da mettere col suo, — gli dissi.

— Ma no, — rispose, — andiamo insieme: io rallenterò un poco la corsa, tanto più che non ho fretta.

— E allora perchè si è presa questa scalmana di venir da Milano come un treno lampo? — domandai.