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XIV.

Il vino del prete.


Mi hanno assicurato che l’arciprete della vicina parrocchia è possessore di una cantina di buono e onesto vino. Andai alla pieve, adunque.

La prima volta, però, che turbai col martello il silenzio di quella grande e vetusta dimora, apparve ad una inferriata una faccia scarna, e ad una finestrina più in su, un’altra faccia pingue; ma l’una era più arcigna dell’altra; e tutte e due erano vecchie: le vecchie serve. «Prete? vino?» domandarono: non ne sapevano nulla. Io insistetti, e allora venne fuori il prete in persona.

Anche lui non ne sapeva che poco intorno all’affare del vino: bensì il suo uomo sapeva, ma questi — per allora — era fuori. Dissi il mio nome, da dove venivo, chi mi aveva mandato, e allora fui introdotto nella casa, e poi nella cantina.

Questo prete fabbrica con passione di enologo vini buoni d’uva; ma egli deve essere temperato bevitore: nerboruto, adusto, alto, nero, ha varcato i sessanta, ma ne dimostra as-