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Ora, un mezzogiorno io passavo lungo il sentiero del bellissimo fiume presso alla foce, e mi accompagnava melanconicamente un dabbene signore, il quale da tempo è infermo di nefrite.
Ad un tratto una voce chiamò arditamente.
— Signore, o lei, signore, che venga qua a vedere!
Era la Giovanna, dietro la folta siepe dei tamarischi, che mi chiamava, e agitava un gran mestolo di legno. E poi aggiunse:
— Questa volta ci siamo tutti! venga a vedere, signore!
Andammo. Nascosta quasi dai tamarischi s’elevava dal suolo, appena col colmo del tetto, una serie di abitazioni di trogloditi: una specie di ghetto, come qui chiama il popolo questi diroccati abituri.
Dove il muro dava un po’ d’ombra, sedeva a terra il marito della Giovanna, e fra le gambe si teneva una grande terrina nera di coccio; e la testa — era china — si levò verso di noi appena per sorriderci; un riso rudimentale, che avrebbe potuto segnare il passaggio evolutivo fra il bruto e l’uomo.
Un gruppo di marmocchi gli spuntava e gli si arrampicava intorno (pari alla figura di un