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la vigna, il prato avevano il loro posto e si sentiva come la giocondità delle piante che vivevano la loro vita beata e feconda. Le piante sono, in verità, come filtri del veleno dell’aria: ma io le considero ancora come filtri del veleno della vita sociale.

— Bello! — esclamai.

— Sì, bello, — ripetè il signor Isidoro, — è tanto più se lei considera che pochi anni addietro qui non erano che monti di arena: le pianticelle erano inesorabilmente uccise l’inverno dal vento del mare. Qualunque altro avrebbe disperato di riuscire; ma mio babbo non disperò.

— È suo babbo che ha creato questo giardino?

— Mio babbo, appunto. Egli si era innamorato di questo luogo, e si era messo in testa di ricavarne un giardino: mio padre fu sempre così: messa in testa una cosa, la voleva vedere finita. L’inverno, con dei furiani terribili, attaccava il cavallo e veniva qui a coprire le sue piante con la premura di una madre che ha paura che i figli siano scoperti nel letto. Ma le piante morivano lo stesso.

Allora, contro il mare, cominciò a costruire grande bastione di sabbia che vede là, ed a piantarci delle marruche. Anche quelle non volevano vivere, finchè una pianta comin-

Panzini. La lanterna di Diogene. 9