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deva all’elegante giuoco degli archetti. Qui la conversazione e la sosta furono brevi: indi il signor Isidoro mi condusse in giro pel suo tenimento.
Questo piccolo tenimento rappresentava, appunto appunto, quello che io vorrei avere, e non ho. Così è! Spesso io mi sono sognato di possedere presso il mare una casetta adorna: io dico presso il mare, non soltanto perchè molto amo il mare, ma perchè due cose mi piacciono che sono in antitesi: stare fermo e viaggiare. Ora il mare, aperto davanti a me, mi pare una strada la quale conduca in giro per tutto il mondo e conduca anche nell’azzurro del sogno e del cielo. Vorrei avere una casetta adorna e piccola, «parva sed apta mihi», (Oh, felice te, Lodovico Ariosto!), con intorno un po’ di terra coltivata, assai bene, come con religione. Spesso ho sognato di levarmi nel mattino già luminoso, e in cambio dei libri e della penna, ho sognato di prendere il rastrello e la forbice del potatore. Io non ho voluto, nè meno nel sogno, una villa grande e fastosa: un mausoleo di marmi che mi mortifichi col suo lusso, un inutile giardino. Le piante che danno il frutto hanno anch’esse il loro fiore al loro tempo. Tale, come io vagheggiava nell’illusione del sogno, era la villa utile di quell’uomo felice. Il frutteto,