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Rimane, sì, la fitta schiera; ma solo dei miserabili, della materia greggia, la quale elabora, stimola, frusta se stessa, e ne fa venir fuori l’individuo, per fatale necessità di natura, contro ciò che è tassativamente prescritto nell’Inno dei lavoratori!

Per fare paura veramente bisognerebbe che quella specie di furore e di fanatismo non durasse soltanto il tempo che squilla l’inno di Amintore Galli o tuona la voce del catechista, ma durasse più a lungo: informasse ogni atto della vostra vita.

Invece nei giorni che non portate la montura nera con la filettatura rossa, voi subite le necessità della vita come un egoista borghese: tu, onesto lavoratore della barba e della parrucca, fai la parola dolce nel radere il doppio mento del ricco avventore, tu, onesto pescatore, porti di preferenza il tuo cestello di pesce alla casa di quel possidente che ti pagherà senza tirare sul prezzo: tu, placido oste, non hai rimorso di coscienza a preparare, anche per i compagni, le miscele anti-igieniche del tuo vino: tu, postino, sei più gentile nel consegnare le lettere al ricco, che darà in fine di stagione cinque lire di mancia. Persuadetevi, non siete ancora abbastanza evoluti!