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fano me lo diede, però uno scherzo ammonitore per un’altra volta.

(Veramente non tutti questi poveri sono poveri: vi sono tanti che hanno soltanto la truccatura del povero e mangiano sul palmo della mano, perchè ciò è economico e poi illude gli altri con l’aspetto dell’uguaglianza; ma hanno il denaro nascosto, la casetta, il piccolo campo.)

Dunque io sono un signore! E non me n’ero mai accorto!

Anzi io sino a qualche tempo addietro ero convinto di essere uno straordinario lavoratore, e mi addoloravo che ci guadagnassi così poco. Se non che una volta che mi lamentavo di questo con un ricco e colto israelita, ebbi da lui la spiegazione che meritavo.

Egli mi stava ad ascoltare col labbro composto ad un amaro sarcasmo e mi pareva vedere in lui una di quelle severe nere teste bibliche, che io avevo intravisto nei quadri antichi: quella testa, dall’abito orientale, si era spostata sopra un impeccabile stifelius, ma l’espressione era la stessa.

— Ma naturale, — disse alfine, — voi vi ostinate in un lusso che appena i milionari si possono permettere.

— Quale?

— Ma l’arte pura, la filosofia, la poesia! Co-