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In quel lavoro mi sovvenni di un’eccellente massima che udii or fa gran tempo da una contadina: «cento misure e un taglio solo»; e finchè il sole non fu alto, il lavoro procedette abbastanza bene, ma quando esso salì e distrusse l’ombra a ponente (nè quella a settentrione era ancora formata) la fatica cominciò a farsi greve, e la maglia che mi copriva era imbevuta di sudore. Ma è evidente che si trattava di una fatica di nuovo genere: lavoravano cioè entro il mio corpo altri operai della vita che non quelli che sogliono lavorare abitualmente; operai più allegri.
Della qual cosa mi fece avvertito un mio collega, il quale, passando per il sentiero che fronteggia l’aia, si era fermato ad ammirarmi.
Ed io, levando la faccia, ben lo scorsi attraverso il sudore, ed egli mi disse allora:
— È la prima volta che vi sento cantare.
— Io cantare?
— Voi proprio.
*
Ciò mi accadde per la prima volta — che io ricordo — di cantare lavorando. Nei miei consueti lavori, non goccia il sudore. Bensì talora altro goccia! Ma allegro canto non mai!