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scosta di armati. Ma forse oramai gli Austriaci hanno imparato.

La nebbia si addensava intorno a noi e le lontane spalle delle montagne e le masse di soldati che vi apparivano attraverso, appena intravedute, scomparvero.

Seguitammo a salire, fin tanto che le nebbie si incontravano con le nuvole, per una strada che era la più ripida di quante finora avevamo percorso. Terminava con una galleria scavata nella roccia, nella quale stavano aspettando, nell’oscurità, immensi cannoni, tutti puntati verso una parte e pronti a far fuoco a un dato momento.

«Badate alla strada! Vi è uno svolto piuttosto brusco».

La galleria si apriva su uno spazio vuoto e su un precipizio di parecchie centinaia di piedi di roccia scanalata, coperta di erica in fiore. Ai piedi della muraglia cominciava la vera montagna, non meno ripida, quasi, di quella; e più in giù ancora si estendeva pomposamente all’infuori, per trasformarsi in più accessibili pendi, scendendo in poggi e in monticelli, fino alle immense, antiche pianure, quattromila piedi più sotto.

La nebbia velava il panorama dalla parte settentrionale, ma a sud si vedevano tracciati i corsi di larghi fiumi, le esili ombredi acquedotti e i profili, quasi addossati gli uni sugli altri, di città e città, ognuna delle quali aveva un passato che valeva assai di più di tutto l’avvenire dei barbari strepitanti dietro le catene dei monti, che ci venivano