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(parlo del 1866) e noi dovemmo accettare la frontiera che essa e l’Austria c’imposero. La frontiera italiana è ovunque assai vantaggiosa — a la Prussia e l’Austria, fecero a gara per renderla tale — ma la zona del Trentino è più d’ogni altra pericolosa».

La nebbia avvolgeva intanto l’altipiano, sul quale salivamo. Le montagne si erano scambiate in alture rotonde a forma quasi di barile elevantesi erte su aride vallate. Parecchie e nuove strade vi si vedevano tracciate, sulle quali i carri procedevano coll’andatura solita; ed erano lì l’eterno vecchio e il solito ragazzo a curare che ciò si compisse regolarmente. Brughiere scozzesi; rossi altipiani incavati dalle trincee e punteggiati dalle buche delle granate; una confusione di alture senza colore e, nella nebbia, quasi senza forma, si alzavano e si abbassavano dietro di noi.

Esse nascondevano truppe nelle loro pieghe — truppe sempre all’erta — ; e le trincee si moltiplicavano sui loro fianchi, in alto e in basso.

Scendemmo per una montagna frantumata di macerie, dalla cima alle falde, ma che conservava ancora, come rughe sulla fronte, le sagome di trincee che avevano seguito i suoi contorni.

Uno stretto e basso fossato, (poteva essere stato un condotto d’acqua) scorreva verticalmente sull’altura, tagliando ad angolo retro le trincee scolorate.

«Fu lì che i nostri soldati s’impiantarono solidamente, prima che gli Austriaci venissero respinti nella loro ultima avanzata — l’avanzata di Asiago,