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[1268-74] | del vespro siciliano. | 81 |
anzi richiedere in varie città. Ed egli alternando forza e frode, qui mettea piè da signore, là da protettore; spogliata una provincia, con quell’oro assoldava masnade che ne occupassero un’altra; ai pochi e forti, perchè gli fosser sostegni, prostituiva le sostanze e i dritti più santi dei cittadini: e s’avanzava a gran passi al dominio di tutta la penisola.
Tuttavia quella che l’avea suscitato cominciò a reprimerlo: la romana corte, che di sgherro già sentival padrone. Clemente non fe’ che ammonirlo, perchè poco visse oltre la vittoria. Vacò il pontificato poi tre anni; ne’ quali cresciuta la possanza di Carlo, i fratelli del sacro concistoro, non bastando a frenarla, ne colser odio e terrore. Indi esaltato Gregorio X nell’anno milledugentosettantuno, come vivuto fuori d’Italia e delle parti, ed entrato ne’ nuovi sospetti della romana corte, nuovi consigli tentò. Aveano i predecessori fomentato le divisioni d’Italia, ed ei fe’ ogni opera a risanarle; aveano difficultato la elezione dell’imperatore, ed ei la procacciò; sì che fu data quella corona a Ridolfo d’Hapsburgo, picciol signore, ma uomo di grandissimo animo, fondator della grandezza della casa d’Austria. Il Paleologo intanto a schivare i colpi dell’avara pietà di ponente, sforzava i suoi che assentissero la processione dello Spirito Santo dal Padre e sì dal Figliuolo, ch’era l’importanza dello scisma; e per maneggi e supplizi non persuase il clero greco, ma n’ebbe una sembianza di rassegnazione. Allor Gregorio potendo con onor del pontificato fermar la pace col Greco, onde si toglieva il pretesto all’ambizione di Carlo, correndo il settantaquattro ribenedì il Paleologo nel concilio di Lione, e nel grembo della Chiesa l’imperio orientale raccolse. Mal potremmo apporci or noi qual deliro miscuglio di pensieri fervesse nel tempo di questo concilio nella mente di Carlo; religioso a un tempo, e ardente di tutte