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[1266-82] | del vespro siciliano. | 65 |
Carlo dettò secondo i parziali bisogni; ogni misura passò; ogni dritto confuse. E già dissi come a’ satelliti suoi la giustizia fosse strumento e non freno: onde suonano ipocrisia brutta quanti statuti ne restano, che fan sembiante di protegger persone e proprietà, da quelli manomesse a man salva1. Leggiamo così, nè per volger di secoli ne inganna re Carlo, i severi gastighi da uno statuto suo minacciati agli occupatori dei beni altrui per frode o forza2. Così ne rivelano gli effetti del mal reggimento, e non la cura o efficacia di quello, le promulgate leggi contro i rubatori di strada: che prove qualunque bastassero a condannarli: che le città o terre ristorassero de’ furti avvenuti in contado: che non armandosi gli abitanti a scacciare i masnadieri, il comune si componesse per danaro col fisco: le ville, le case rustiche arderebbersi ove que’ trovassero asilo, o a denunziarli non si corresse. Verghe, marchio, e bando pei furti infino al valor di uno augustale3; infino a un’oncia taglio della mano; oltre un’oncia la morte4. Applicavasi al fisco la terza parte de’ furti ricuperati5.
- ↑ Che questa non sia una supposizione mia lo attestano tutti gli storici di sopra citati, e gli statuti stessi che promulgò Carlo appresso il vespro. Ricordisi la legge sulla occupazione de’ demani citata di sopra, ch’è la sola obbligatoria anche pei Francesi e Provenzali.
In un diploma del 16 aprile 1274, re Carlo commette al vicario di Sicilia, che gli abitanti di Eraclea non sian molestati nè spogliati dai vicini, _che non sono nè Francesi nè Provenzali_; che è una diretta confessione, o almen prova quali suonassero i richiami del pubblico. Tra i Mss. della Bibl. com. di Palermo Q. q. G. 1. - ↑ Capitoli del regno di Napoli, pag. 4, 15 marzo 1272.
- ↑ Questa moneta valea la quarta parte di un’oncia.
- ↑ Capitoli del regno di Napoli, pag. 10, anno 1269.
- ↑ Capitoli del regno di Sicilia, cap. 42 del re Giacomo.