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46 | la guerra | [1266-82] |
suoi reami veniano, taglieggiò senza rispetto; alla corte stessa di Roma non n’ebbe, quando giunse a vietar che i suoi sudditi con gli stati di quella mercatassero1. Così adoperava coi papi. La siciliana repubblica dell’ottantadue, incontanente redintegrò la chiesa di Messina nel possesso di quei beni2: e la corte di Roma fieramente malediva la siciliana repubblica, perchè si ristorasse la prepotenza di Carlo3!
Di gran momento sembrami in cotesto nuovo principato la novazione del baronaggio. Perchè il picciol signore d’Angiò e di Provenza, armando per tanta macchina di guerra, avea tolto in presto molto danaro, molte schiere condotto di speranza più che di stipendio; onde gli era forza soddisfare a’ conquistatori e sostegni del suo trono; e appena messovi il piè, al gran lotto diede opera4. E nulla erano gli ufici pubblici lucrativi, ancorchè a’ soli suoi li serbasse; nulla i benefici ecclesiastici, che conferiva a quei soli; di terreni, di feudi facea d’uopo. Entrò Carlo dunque in una inchiesta strettissima dei demanî, de’ baronaggi tutti, delle sostanze di Manfredi e de’ suoi; non a cercare, ma a trovare vero o supposto vizio nel possedimento. A ciò
- ↑ Saba Malaspina, lib. 6, cap. 3.
Nic. Speciale, lib. 1. cap. 11. - ↑ Diploma del .... 1282 ne’ citati Mss. della Bibl. com. di Palermo Q. q. H. 4, fog. 117.
- ↑ La rimostranza de’ Siciliani, ch’io pubblico al doc. VII s’intrattiene lungamente su i torti fatti dal governo angioino agli ecclesiastici.
- ↑ Parecchi diplomi spargon luce su questo punto. Uno dato di Napoli a 20 febbraio tredicesima Ind. (1299), accetta che Elia di Gesualdo milite si fosse esposto a gravi pericoli per Carlo I nella guerra con Manfredi, e gli avesse fornito in prestito una grossa somma di danaro, senza la quale Carlo non avrebbe potuto compiere la impresa; ond’ei gli diè in merito la baronia di Gesualdo, confermata poi da Carlo II col presente diploma. Nel r. archivio di Napoli, reg. di Carlo II, segnato 1299-1300, C. fog. 54, a t.
Si vegga ancora ciò che dicemmo a pag. 33 per lo imprestito di Arrigo di Castiglia, riferito dal d’Esclot.