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[1285] del vespro siciliano. 337

gli si rivelenì per tutte le vene. Tra questi travagli comandava Filippo la ritirata, lasciando presidio a Girona. Intanto di Catalogna, d’Aragona, di tutto il reame traeano a gara armati alle bandiere di Pietro; il quale rinfiammò tal zelo con far dassè ciò che per altezza d’animo ostinatamente avea negato nelle più dure strette; ed ora nel montar della fortuna gli era tanto maggior lode. Assembrati i baroni in concione pubblica, egli accetta: queste calamità pubbliche esser fattura sua, e della maligna sorte che gli fe’ chiuder gli orecchi a’ leali consigli de’ baroni: Iddio aver punito il superbo, e trattener ora il flagello levato sul suo capo: ond’ei ripentito, vedendo la man del Signore, chiedea perdono a’ suoi sudditi; consigliava loro di temperarsi nella vendetta sopra i nemici sbaragliati e fuggenti, a’ quali gli Spagnuoli avessero misericordia poichè Dio l’avea avuto di loro: così ei pensava, dicessero lor sentenza i baroni. Col medesimo accorgimento accarezzò gli Aragonesi sopra tutti; e fe’ piangere, dice d’Esclot, di tenerezza quegli animi sì indocili, a tal umile e benigno parlare.

Adunato un giusto esercito, marciando di costa alle reliquie del nemico, giunse al passo di Paniças; e nol contese, dicon gli storici di sua parte, per pietà del re infermo a morte, e preghiere di Filippo il Bello; ma forse perchè metter non volle a disperazione il nemico, tuttavia più poderoso di lui. Ed ecco il trenta settembre1 quattromila cavalieri, che sol tanti ne rimaneano montati, e inutili turbe di fanti, e confusione di salmerie, lasciandosi a dietro, per falta di vetture, tanti doppi più d’arnesi e robe e argenterie, anelanti e mesti ripassavan le chiuse: stretti a schiera i cavalieri intorno all’orifiamma e alla

  1. Fu questo dì nel 1285 la prima domenica appresso san Michele, nella quale incominciò secondo il d’Esclot il passaggio dell’oste francese.