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del vespro siciliano. |
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macchine, e i balestrier saraceni con mirabili colpi imberciavano, non pure gli scoperti, ma i riparati dietro macchine o case, e gli infermi per li spiragli delle finestre, e chi che fosse a gittata d’arco con due dita di luce da ficcarvi un quadrello1. E l’oste francese era già scompigliata e consunta. Arsevi, da disagi o aer malsano, una cruda morìa; infierita per la corruzion delle carogne dei cavalli, che a migliaia morivano da punture di tafani velenosi, ingombranti a nugoli la campagna, usciti la prima volta, così il volgo favoleggiò e qualche isterico con esso, dal sepolcro del beato Narciso, profanato dalla nimica rabbia2. Appigliossi la pestilenza al naviglio sì fieramente, ch’entro poche settimane le ciurme s’ammezzarono, e poi scesero al terzo, e più basso3. I Catalani intanto dalle poste di Besalu ed Hostalric scorrazzavano per tutto il paese; rapiano i traini delle vittuaglie, in quella carestia portate per mare a Roses, indi su vetture a Girona; sorprendeano le picciole schiere francesi; tagliavano a pezzi gli sbandati; s’arricchivano delle spoglie; vendeano i prigioni; saziavansi del sangue: infaticabili, pratichi, arrisicatissimi, e crudeli. Il mare stesso non era più sicuro ai nemici, poichè le undici galee di Barcellona, disperatamente investite venticinque delle francesi, rotto aveanle e preso; e indi i privati corsali, inanimiti, uscivan in maggior numero a tentar la fortuna4.
- ↑ D’Esclot, cap. 160 a 164.
- ↑ Nic. Speciale, lib. 2, cap. 1. Bart. de Neocastro, cap. 92 e 97. D’Esclot, cap. 160. Geste de’ conti di Barcellona, loc. cit. Montaner, cap. 128. Gio. Villani, lib. 7, cap. 102. Nangis, loc. cit., pag. 546. Chron. Mon. S. Bertini, loc. cit., pag. 766.
- ↑ Bart. de Neocastro, cap. 92.
- ↑ D’Esclot, cap. 157, 158. Montaner, cap. 128 a 133. Geste de’ conti di Barcellona, loc. cit. Nangis, loc. cit., pag. 546. Surita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap. 63, 64.