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del vespro siciliano. |
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monaci d’una badia tra que’ monti) un traditore che mostrasse altro passo al nemico1 per burroni asprissimi, e però men guardati; pei quali alfine traghettava di mezzo giugno l’oste francese. Allor Pietro, lasciata l’inutil postura di Paniças, muta secondo necessità i modi e gli ordini della guerra; licenzia le genti; vieta consumar le forze a difesa di picciole terre; egli stesso abbandona dietro breve avvisaglia Peralada, che i suoi bruciarono; mal si ritrae se per antivenir nel saccheggio i nemici, o da eroico pensiero del visconte di Rocaberti, signor della terra, ch’altro modo non vedea d’arrestare per poco il Francese. Indietreggiò dunque Pietro per Castellon e Girona; chiamò frettoloso i rappresentanti delle città. I quali vedendo presi dallo spavento ch’erasi sparso per Catalogna, sì che molti si rifuggiano in Valenza, li riconforta con franco volto; spiega ad essi il disegno di spossare il nemico con guerra guerriata; chiede poca moneta per tener insieme poche forze. Avutala, munisce Girona alla meglio di viveri; comanda che sgombrila in tre dì la gente da non portar arme; l’afforza di bastioni e spianate, e d’un picciol presidio di cento cavalli e due mila cinquecento tra almugaveri e balestrieri, sotto il comando di Ramondo Folch, visconte di Cardona. E re Filippo con tutto l’esercito, innondata la Catalogna settentrionale che i popoli abbandonavan dassè, pose il campo a Girona; e, come se fosse compiuto il conquisto, il legato coronò Carlo re d’Aragona; a’ cavalier di lui fu spartito in feudi il paese. Al medesimo tempo tutte le
- ↑ D’Esclot, cap. 146. Montaner, cap. 122.