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del vespro siciliano. |
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senza voler delle corti, compiuta senza pro del reame: che anzi per aver Pietro occupato gli altrui, vedeano in tanto rischio i propri lor focolari; e frugavali anco la paura del cielo1, perchè papa Martino, sapendo non osservato l’interdetto, ribadillo per aspri comandi all’arcivescovo di Narbona2; ond’or vedeansi serrate le chiese, furtiva e tetra celebrar una sola messa ogni settimana, null’altro sagramento che il battesimo ai nati, la penitenza ai moribondi, maledetta miseramente la terra che i lor maggiori aveano bagnato di tanto sangue per la cristiana fede. Perciò in lor dispetto, chiamavan Sicilia l’isola del dolore3. Adontavali inoltre quel cupo governar di Pietro, senza consiglio delle corti nè di uomini del reame, ma d’usciti italiani o sudditi di Sicilia. Ma sopra tutto doleansi delle non osservate franchige, o, come suonano in lor idioma, _fueros_ del paese; della negata restituzione dei beni occupati una volta a torto da re Giacomo; della _quinta_ ossia balzello sugli armenti, che assentito per la guerra di Valenza, ma riprovato dalle corti d’Exea, tuttavia si levava; dell’autorità del _Justiza_ tenuta in non cale; delle turbate giurisdizioni de’ magistrati, e somiglianti abusi. Rinnaspriali il timore di molto scempio in questa guerra; perchè da re Filippo s’aspettavano audacissimi fatti, e spaventava l’oro e la riputazione di Roma4.
Poco appresso l’avventura di Bordeaux questi umori parver fuori, a una prima scorrerìa che re Filippo movea in segno d’animo ostile dal finitimo regno di Navarra, già
- ↑ Surita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap. 37.
- ↑ Raynald, Ann. ecc., 1284, §§. 11 e 12.
- ↑ Geste de’ conti di Barcellona, cap. 28, nel Baluzio, Marca Hispanica. «_Quae recte doloris insula nuncupatur_,» scrive della Sicilia il frate cronista, a proposito delle scomuniche e guerre che per cagion di lei erano piombate addosso al suo paese.
- ↑ Surita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap. 37, 38.