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306 | la guerra | [1285] |
Si disdisse l’iniquo spogliamento dei naufraghi: a favor delle famiglie de’ baroni si estese ai fratelli e lor discendenti il dritto di redare i feudi: il militare servigio o l’adoamento si limitò alle guerre entro i confini del regno: e soprattutto si vietaron le collette, fuorchè nei quattro casi feudali; e si assegnò la somma da potersi levare in ciascuno di quelli. Io non so se debbasi lodar come guarentigia più forte dei sudditi, o biasimar di usurpazione sulla autorità regia, il richiamo de’ comuni alla santa sede, decretato nelle costituzioni medesime; e lo interdetto sulla privata cappella del re alle prime violazioni di queste franchige, la scomunica persistendovi1: ma certo non potea la corte di Roma adoprare a miglior intento civile le spirituali armi. Questi capitoli Onorio fe’ con molta sollecitudine promulgare da Gherardo per tutto il reame di Napoli, e massime nei luoghi più vicini a Sicilia2; e osservaronsi per poco. Poi increbbero ai governanti, come imposti da Roma, o larghi troppo; nè ebber luogo nel corpo delle leggi di quel reame3.
Insieme con queste buone leggi Onorio adoprava non buone arti, suscitando in Sicilia congiure. A ciò mandovvi furtivamente due frati predicatori, Perron d’Aidone, siciliano, e Antonio del Monte, pugliese; i quali iti a Randazzo, recavano a Guglielmo abate di Maniace lettere pontificie con autorità di largheggiar indulgenze a chiunque per la Chiesa si ribellasse. Sospesi eran gli animi per la strepitosa guerra del re di Francia contro Aragona; freschi i torti d’Alaimo, e gli umori che ne dieron pretesto; le costituzioni di papa Onorio, più larghe de’ presenti ordini pubblici in Sicilia. Indi l’abate con gravi parole di religione, trovò tosto seguaci due nipoti suoi, per nome