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290 | la guerra | [1284] |
d’Agosta, eran puniti nel capo; questi, confessa il Neocastro, a stigazion degli emuli suoi, come fautor di parte francese; l’altro perchè, noto già come avverso alla rivoluzione e al nuovo principato, s’era partito di Sicilia sotto colore d’andarsene colla moglie e’ figliuoli in Inghilterra al servigio di quel re, ma poi fu preso che riparavasi in Napoli contro il dato giuramento1. Poi il grande Alaimo soggiacque ancora alla giovanile perfidia di Giacomo; del quale Montaner fa lode col proverbio catalano: «Spina non punge se non nasce acuta2:» e tal fu l’infante; ma acuto e precoce al male; a vent’anni maturo già ai tradimenti.
Affrettossi la ruina d’Alaimo per la moglie tracotante, che sfatava, non ch’altri, Costanza stessa; negando chiamarla reina, ma sol madre di don Giacomo; schifava le sue carezze; infrequente a corte, se non era a lussureggiar di nuovo spendio di ornamenti; e una volta andovvi a tastar gli animi quando il principe di Salerno venne prigione. Costei sendo incinta, volle come maggior d’ogni legge, pretestando malattia, far soggiorno nella casa dei frati minori a Messina, per l’amenità e solitudine del luogo; dove ita Costanza a visitarla, il nimichevole animo non placò. Partorita Macalda, mandava per Alaimo la regina, offrendo con Giacomo e Federigo tener al fonte il bambino; e la donna se ne scusò con dir che temea pel nato dal freddo dell’acqua; ma tre dì poi fecelo da popolani battezzare in chiesa. Notavasi ancora come un’altra stagione in Palermo, sapendo che la regina inferma fosse andata in barella al santuario della Vergine a Morreale, il dì appresso Macalda,