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[1284] | del vespro siciliano. | 289 |
ambiziosissimo e superbissimo oltre ogni dire1.
Perchè la gelosia dell’impero, crescendo per lontananza di luogo nell’animo di Pietro e per invidia in Ruggiero e negli altri ministri dell’infante Giacomo, si portava già in Sicilia a crudeli consigli; come è nelle cose di stato assai incerto il confine tra il guardarsi e l’offendere. E sembra in vero che, tenendo una parte de’ nostri baroni a ristrigner la balìa della corte aragonese, e tirandosi sempre all’opposizione, alcun di loro si mostrò benigno ai prigioni francesi, e massime al principe di Salerno; altri tenne forse pratiche con re Carlo: e che la fazion della corte aragonese, ingrossata dagli usciti calabresi e pugliesi, esagerò quelle pratiche, le appose ugualmente a chi le avea maneggiato e a chi sol volea mantener le franchige della nazione; e tutti accagionò di tradimento, per aver pretesto a spegner chi le paresse, e trovare riscontro nel popolo, abborrente sempre da’ suoi antichi tiranni. Però dopo il ritorno della flotta dall’isola delle Gerbe, e la ritirata e scompiglio dell’esercito di re Carlo, la fazione aragonese, ormai secura dalle armi di fuori, diessi a riurtar contro gl’interni oppositori; e fece spegnendo pochi dei più grandi o più audaci, e nel medesimo tempo menando grande strepito di condannagione del principe di Salerno2. E prima due nobili uomini, Simone da Calatafimi e Pieraccio
- ↑ Bart. de Neocastro, cap. 86.
- ↑ Queste riflessioni nascono dalla esamina di tutti i fatti sparsi nel presente capitolo, e in particolare da que’ d’Alaimo, e dell’eccidio de’ prigioni in Messina, e del giudizio contro il principe di Salerno. Pei sospetti di pratiche angioine in Sicilia, veggasi ciò ch’è detto di sopra a pag. 277, nota 5. Confermali il Nangis nella vita di Filippo l’Ardito, Duchesne, Hist. franc. script., tom. V, pag. 544, ove si legge: Sed quia Siculi principem Salernae Carolum quem captum tenebant, de urbe Messanae ad quoddam castellum Siciliae transtulerant, volentes cum ipso, sicut sibi dictum fuerat, reconciliari, timens Siculorum infidelitatem, etc. I quali umori poteano esser veri, ancorchè il Nangis apertamente errasse nella cagione del tramutamento del principe di Salerno da Messina a Cefalù, che fu appunto la contraria.
Veggasi anche Saba Malaspina, cont., pag. 420 e 421; e il Neocastro, cap. 86, 88, 89.