fabbricovvi una fortezza, e s’ebbe
poi l’isola in feudo1. In questo tempo un Margano principe d’Arabi,
cavalcando con grande stuolo alla volta di Tunisi lunghesso la riva,
fu appostato, e preso dalla gente d’un galeon catalano, e recato allo
infante, che il tenea, scrive Neocastro, come preda, non come prigion
di guerra, nel castello di Messina2, per istrana avventura compagno
di carcere al principe di Salerno. Ma la cattività dell’Affricano, nè
nocente a noi nè nemico, fu trapasso di ladroneccio e avarizia da
pirati, non gloria alle nostre armi. Nol fu tutto questo fatto
dell’isola delle Gerbe, se non che il malo acquisto si mantenne poi
con onor della nazione. Restò alla corona di Sicilia, non ostante la
ribellion dell’ammiraglio che aspirava alla sovranità di quell’isola,
e non ostanti le guerre e calamità in cui fummo avvolti; nè si perdè
che negli ultimi anni di Federigo II, quando l’aristocrazia sfrenata e
patteggiante, consumò tutte le forze nella esecranda guerra civile.
Ruggier Loria riducendo l’armata in Messina a svernare, empiè la
Sicilia di schiavi gerbini, e ripassò in Calabria con un grosso di
cavalli. Quivi s’insignorisce di Agrataria e Roccella; combatte un
Iacopo d’Oppido, feudatario; il rompe; mette a sacco e a fuoco il
paese. Voltosi a Nicotra con altro animo, rifà le mura, afforza le
castella, richiama gli sparsi abitatori: e incontanente, come per
ammenda di quest’opra di umanità, torna in Sicilia a sfogare con altre
enormezze quell’animo irrequieto, sanguinario,
- ↑ Ciò non fu immediatamente dopo la conquista, perchè fino al gennaio 1285, i suoi titoli erano: ammiraglio di Aragona e di Sicilia, signor di Castiglione, Francavilla, Novara, Linguaglossa e Tremestieri. Da un diploma del 25 gennaio 1285, nei Mss. della Biblioteca comunale di Palermo Q. q. G. 1, pag. 147.
- ↑ Bart. de Neocastro, cap. 85.