Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
272 | la guerra | [1284] |
CAPITOLO XI.
Il dì medesimo della battaglia, re Carlo trapassava dai mari di
Toscana a quei del regno, avendo seco da quaranta galee, portato da
prosperi venti, da novelle speranze, finchè a Gaeta il nunzio
incontrò, scrivealo al papa egli stesso, di sollecitudine e angoscia.
Più che la perduta flotta, il trafisse la morte e prigionia de’ suoi
gagliardi; del figliuolo sol rammaricossi perch’era un pegno in man
dei nemici; talchè nel solito abbandono di rabbia, o infingendosi,
imprecavagli: «Foss’ei morto com’è prigione! Che m’è a perdere un
prete imbelle, uno stolto che si da sempre a’ consigli peggiori1?» I
terrazzani di Gaeta, che già a stigazion de’ loro usciti erano per
ribellarsi agli avvisi di Napoli, cagliarono vedendo inaspettato con
una flotta il re: il quale non curolli, tirato da vendette maggiori;
che tra due pendeva, o inseguir Loria di
- ↑
- Saba Malaspina, cont., pag. 411.
- Giachetto Malespini, cap. 222.
- Gio. Villani, lib. 7, cap. 94.
- Memoriale de’ podestà di Reggio, in Muratori, R. I. S., tom. XI, pag. 1158.
- Tolomeo da Lucca, ibid., lib. 24, cap. 11, pag. 1190 e 1294.
- Ferreto Vicentino, Ibid., tom. IX, pag. 955.
- Cron. di San Bertino, op. cit., tom. III, pag. 765. Epistola di Carlo a papa Martino, data il 9 giugno 1284, nel Testa, Vita di Federigo II di Sicilia, docum. 2.