lasciando
solo il principe con la sua galea, e quattro di Napoli, due di Gaeta,
una di Salerno, una di Vico, una di Scio, a disputar l’onore, non più
la vittoria. I Francesi, ancorchè non avvezzi nè fermi in nave,
combatteano con maschio valore. Più numerosi e franchi al maneggiar le
navi, Catalani e Siciliani urtavan di prua, spezzavano i remi al
nimico, gittavan fuochi alle tolde, sapone e sego sui banchi, polvere
di calce alle viste, scagliavan sassi e saette: e pure gran pezza non
li spuntarono dalla difesa. La strage indi si mescolò; spenta gran
parte di quei prodi cavalieri di Francia, il numero vinse. Sola
restava la galea del principe: accerchiata, squarciata, invasa da’
nostri la prua, e mezza la nave; ma un fior di gagliardi stretti a
schiera intorno al principe, che piccino e zoppo mal s’aiutava, fecero
incredibili prove; e sopra tutti Galard, uomo d’erculee forze, quanti
colpi tirava tanti feriva o uccidea, o di peso scaraventava gli uomini
in mare. A tal pertinacia, Loria comanda che si sfondi la nave; e i
nostri già saliti le dan d’entro coi pali; un Pagano, trombetto e
marangone fortissimo, attuffò per bucarla con un ferro: rotta in sei
luoghi calava la galea, gridavano i marinai, ma non udianli i
combattenti. Addandosene alfine Galard: «Salvatene, sclamò, vostra è
la fortuna; qui il principe, qui a voi s’arrendono le migliori spade
di Francia!» Gridava l’Estendard, sacra fosse la persona del principe.
E questi togliendosi la spada, tra i nostri domandò: «Qual v’ha
cavaliero?» e rispostogli dallo ammiraglio, a lui la rendè; e accettò
la mano stesagli da Ruggiero perchè lesto sulla sua nave salisse, che
l’altra già sommergeasi. Nove galee fur prese: una delle quali
velocissima involandosi, Ruggiero le spiccò alla caccia la galea
catanese di Natale Pancia; e parendogli perder lena i remiganti,
minacciò di farli tutti accecare se non tornassero colla nimica nave:
talchè per mortali sforzi la sopraggiunsero; sapendo Ruggiero uom