Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
250 | la guerra | [1284] |
e altri stranieri; ridomandava imprestiti ai comuni di terraferma; nè facea senno all’aperto niego di quelli1. Errò ancora a credere i popoli bambini troppo, quando appresentatisi al papa i deputati delle province per la promessa riforma dei tributi, Martino, che giocava d’accordo con Carlo, diessi a pretestare memorie incerte, necessità di una sottile esamina, e questa commise al cardinal Gherardo, legato a Napoli2; tanto più affrettandolo per lettere quanto più bramava mandar la cosa a dilungo. Perciò nel reame di Napoli gli umori desti dalla siciliana rivoluzione e da’ travagli che durava casa d’Angiò, e anco dalle benevole dimostrazioni di casa d’Aragona, tornavano ad agitarsi. In Sicilia al contrario, allontanato quel valor molesto di Pietro, quetavano i popoli nel mite reggimento della regina Costanza: e sì tranquillo corse quell’anno, che sol de’ casi di fuori scrivono i nostri storici; e Montaner afferma, irrefragabil prova del buon governo, che dopo la comun gloria della battaglia di Malta, Siciliani e Catalani più che mai s’affratellavano e strigneansi d’amistà e di parentadi3. Per questi cagioni la regina di Sicilia potè allor tentare, e ’l vicario di Napoli non seppe rintuzzare nello stesso cuor del suo regno, un’assai temeraria fazione.
Ebbe in quel verno gran caro di vittuaglie in Italia. Donde Scalea, Santo Lucido, Cetraro, Amantea, mosse dalla penuria o dalla mala contentezza (chè Scalea l’anno innanzi era stata la prima in terraferma a darsi a re Pietro), si proffersero alla regina Costanza, s’ella provvedessele di viveri e difendesse; la qual pratica condussero alcuni