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del vespro siciliano. |
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galee,
passò a ripigliar vivamente l’assalto. Leva il gridò: «Aragona
sovr’essi!» e robusti arrancando i nostri, feriscon di sassi e dardi,
e tutte lor armi i Provenzali, sprovveduti e stracchi; urtan di costa
le navi; spezzan remi, fianchi, prore; saltan all’abbordo con le spade
alla mano. Quest’impeto trionfò. Nol sostenne Bonvin, che con otto
galee sdrucite e insanguinate, a randa a randa la punta del porto,
prese largo alla fuga. Facil preda caddero i rimagnenti. Ma Guglielmo
Cornut disperatamente strignesi a combattere con Loria; spicca un
salto sulla galea catalana, o quei sulla provenzale, che in ciò
variano i racconti; e il Marsigliese cercando l’emulo suo, tanto menò
a cerchio d’un’azza, che sgombrò la ciurma, con lui scontrossi sotto
l’albero della nave. Ferillo alla coscia d’un lanciotto; e ’l finiva
con l’azza, se un colpo di pietra non gliela traea di mano: onde
Ruggiero, colto il tempo, strappandosi l’asta dalla ferita,
ritorcegliela in petto, e ’l passa fuor fuora. Così fornissi la zuffa.
Cinquecento rimaser de’ nostri tra feriti ed uccisi; ottocento
sessanta i nimici prigioni; morti poco più. Bonvin, sostato a cinque
miglia da Malta, fea gittare i cadaveri, affondar tre galee incapaci a
mareggiare; e con le altre cinque, sol avanzo dell’armata, tornò
portatore di lutto alle costiere di Provenza, ove pochi erano che non
avessero congiunto o amico da piangere. S’arrese poi a Manfredi Lancia
il castello: Malta e il Gozzo presentaron Ruggiero di munizioni,
gioielli, moneta. Egli, approdato a Siracusa, fa cavalcar corrieri per
tutta l’isola col nunzio della vittoria; spaccialo con un legno al re
in Aragona. Tornasi indi a Messina, strascinando a ritroso le navi
cattivate, e le nimiche bandiere, e tanto stuol di prigioni; de’ quali
la reina mandava a Piero in Ispagna dodici cavalieri; i gregari fea
lavorar nell’arsenale di Messina e al risarcimento delle mura; fu
chiuso in carcere Nicoloso de Riso, perdonandogli la pia regina