come in piena
pace; quando il tre maggio con grossa scorta l’infante ed Alaimo vi
cavalcarono: e fermatosi a riva il fiume Giacomo con le genti, Alaimo
ascese il poggio; sforzò le porte senza contrasto, come a Noto; ed
entrando esortò anco la moltitudine a farsi innanti a Giacomo con
dimostrazioni di lealtà e di gioia. Onde i terrazzani, i quali a
Gualtiero non eran sì devoti, ma li tenea sospesi spargendo partito il
re, ita sossopra in Sicilia la dominazione d’Aragona, ora al nome di
Alaimo, al saper sì presso l’infante, non pensarono ad altro che a
fargli onore; e maledicendo Gualtiero e sue fole, chi affollavasi alle
porte, e chi si calava da’ muri, e tutta la moltitudine scendendo al
fiume per quella pendice si sparse. Alaimo non s’arrestò che non
trovasse prima Gualtiero. Smonta al palagio; entra: e da sessanta
masnadieri toscani tutti armati a mensa sedeano con Gualtiero,
banchettando e bravando, allorchè il fier vecchio fattosi innanti,
franco salutò la brigata. Ammutolirono per maraviglia e dubbiezza:
pendean tutti dal lor signore, che nulla si mosse; appoggiò la guancia
sulla mano, il gomito sul desco; e affisava il volto d’Alaimo senza
fiatare, se sbigottito o minaccioso non sel sapeva egli stesso. Alaimo
si pentì quasi del troppo osare. Tacque un attimo; e risoluto: «Che
vaneggi, o Gualtiero? gli disse. E tu al più vil de’ tuoi mercenari
stenderesti la mano, renderesti il saluto; ed Alaimo cavaliero, Alaimo
amico, nelle tue stanze così raccogli! Or più che non pensi amico io
vengo. Vedi in chi ti affidavi! Vedi i tuoi vassalli precipitarsi
incontro all’infante Giacomo, e menarlo a trionfo! Su, vien meco a
fargli omaggio ancor tu, mentre ti avanza un altro istante a campar da
ruina certissima1.» Tentennò Gualtiero: chiedea sicurtà che nol
menerebbero oltre i mari al conflitto de’ cento; al che rinfacciavagli
- ↑ Son riferite a un di presso queste parole da Bartolomeo de Neocastro.