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del vespro siciliano. |
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dura agli oppugnati, l’arte
degli assedi allor era; men destre e compatte che i nostri stanziali
quelle antiche milizie; ma quant’arte di guerra fiorì in quei
guerrieri tempi, l’avea esercitato, può dirsi fin da fanciullo, tra il
sangue delle battaglie, il vincitor di Manfredi; sperimentati i suoi
capitani; ferocissimi quegli oltramontani avventurieri; i soldati
d’Italia nè inesperti in quella età nè inviliti. Provveduti di tutte
macchine, obbedienti, ordinati, sommavano a un di presso a
settantamila al cominciar dell’assedio: nè a tanto numero forse
giugneano, presi tutti insieme d’ogni sesso coi poppanti e i
decrepiti, quanti umani rinserrava la città. Per sessantaquattro
giorni la campeggiò tanto esercito, venuto in sua baldanza, che
copriva il mare; e tornossi sgomenato, mutilo, a fronte bassa,
ingozzando oltraggi, poco men ch’a dirotta fuggendo. Altri dirà che
nell’assedio della città, che ne’ disegni della guerra contro l’isola,
fallava in molte parti re Carlo; ma posto pur ciò, non son da supporre
sì grossolani gli errori, nè che ei non sapesse ripararli: e certo è
che molti assalti diede con tutte le forze di mare e di terra, ne’
quali la virtù de’ cittadini fu che il rispinse. A questa dunque si
dia la vittoria dell’assedio. Alla vittoria di Messina, alle
difficoltà de’ monti e del mare, al cuor degli altri Siciliani, e alle
forze ormai concentrate per la riputazione di Pietro si dia, che
null’altro danno tornasse al rimanente dell’isola da tanta mole di
guerra, e primo furor di vendetta1.
- ↑ Veggasi il giudizio delle operazioni militari di re Carlo, che fa Montaner a cap. 66 e 71, che io non ho seguito del tutto, perchè ridonda di preoccupazioni nazionali. Nondimeno è da attendere alla conchiusione del Montaner, che Carlo si portò con molta saviezza, nè potea fare altrimenti. Montaner era condottiero sperimentato; e la sua cronaca è piena di precetti militari, com’io credo, non ispregevoli.