un bel colpo. Di suo comando, Leucio e altri condottieri
arrisicatissimi, in gran segreto con iscelte bande di giovani, usciti
a notte da Messina, per vie diverse giungono intorno al palagio; e tre
da tre lati si appressarono; Leucio dall’altra banda, tenutosi
indietro, in un uliveto imboscossi. Come il disco della luna spuntò
dai monti di Calabria, ch’era il segno prefisso da Alaimo, i primi
mettendo altissimo un grido «Cristo già vince,» dan dentro ferocemente
ne’ ripari; tagliano a pezzi il presidio; il capitano colto nel suo
letto stesso, vergheggiano a morte. Quanti di lor mani fuggono
all’uliveto, son dalle genti di Leucio ammazzati. E repente da’
silenzi della città uno scoppio di voci «Al campo, al campo,» uno
stormeggiar di campane, un dar nelle conche e nelle trombe, un
percuotere caldaie e panche, rintronano orrendamente: schiuse le
porte, accanite turbe prorompono. Sorse atroce scompiglio nell’oste.
Senz’ascoltar comando o rampogna, mezz’ignudi fuggian qua e là per gli
alloggiamenti; e chi ai poggi, e alla marina i più, sentendosi già sul
collo il formidato re d’Aragona. Saltando dal sonno, Carlo corse gran
tratto con gli altri al mare, percosso dal presagito grido: «Al campo,
al campo;» finchè tornato a sè stesso, vergognando sostò, e si fece a
racchetare il tumulto. Carichi di preda rientrano i Messinesi in
città: e raggiornando, ostentano su per le mura il tronco braccio del
capitano del ridotto, con villanie appellando Carlo coi suoi tutti che
vengano a rimirarlo1.
- ↑
- Bart. de Neocastro, cap. 50.
- Nic. Speciale, lib. 1, cap. 14.
Questi porta la fazione dell’arcivescovado pria dell’assalto generale; ma m’è paruto seguir piuttosto il Neocastro, che in ciò non avrebbe ragione ad alterare il vero.
- Il Montaner, cap. 64, dice d’una sortita gloriosa degli almugaveri mandati dal re. Forse fu questa; ed ei tace la virtù de’ Messinesi, come il Neocastro quella degli ausiliari.